Il 2 ottobre apre una nuova Porta Santa: è in San Carlo dei Cappuccini, a Mestre

Apre una nuova Porta Santa: è quella di San Carlo dei Cappuccini, a Mestre. Domenica 2 ottobre, con la messa delle ore 18, sarà il Vicario foraneo di Mestre, don Guido Scattolin, ad aprire la Porta Santa.

«Una Porta – spiega il Guardiano del convento dei Cappuccini, padre Remigio Battel (nella foto qui sotto) – che la Diocesi ci ha chiesto di aprire e ospitare per due ragioni. Una è pratica: la Porta Santa di San Marco e quella del santuario di Borbiago possono risultare non facilmente accessibili per tante persone, specialmente anziane, di Mestre». La chiesa di San Carlo e i frati Cappuccini, inoltre, sono il punto di riferimento tradizionale per tantissimi mestrini che cercano la Riconciliazione.
porta santa remigio
Ma, al contempo, la Porta Santa presso i frati sarà anche occasione per un’esperienza forte, spirituale e umana: «E’ un invito aperto a tutti a fermarsi e a misurarsi con i grandi temi della vita e con il senso dell’esistenza».

La Porta Santa sarà quella che dà sulla penitenzieria: «Si aprirà così un percorso fisico e spirituale», prosegue padre Remigio: «Accolti dalla statua della Madonna, alla quale si potrà invocare il dono della misericordia, si passerà alla penitenzieria realizzata per il Giubileo del 2000. Nella sala ci si potrà fermare e, nell’attesa del dialogo con un frate e della confessione, si potranno osservare gli affreschi realizzati da un confratello».
porta santa penitenzieria
La penitenzieria rimarrà aperta tutti i giorni, dalle 8 alle 12 e dalle 15.30 alle 17, e ci saranno sempre due Cappuccini disponibili. «Poi – riprende il Guardiano – si passerà per la chiesa, dove ci si potrà soffermare dinanzi al Santissimo e, prima di uscire, di fronte alla reliquia di san Leopoldo Mandic e all’effigie di padre Pio».
La Porta Santa presso i francescani Cappuccini rimarrà aperta fino alla festa di Tutti i Santi, il 1° novembre. Un’occasione in più per vivere l’esperienza della misericordia.   Giorgio Malavasi
 

Tratto da GENTE VENETA, n.36/2016

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